Il sole calava lento dietro le colline, dipingendo il cielo con sfumature d'ambra e cremisi. Sylon tornava dal bosco, una cesta di erbe e funghi in mano, il passo leggero e la mente persa nei pensieri.
> "Chissà se mamma sarà contenta del raccolto di oggi… Forse papà smetterà di chiamarmi pigro, per una volta."
La casa era lì, adagiata sul pendio come sempre. Ma qualcosa era... sbagliato.
Nessun rumore. Nessun odore di minestra. Solo silenzio.
Sylon posò il cesto sull'uscio. Il cuore iniziò a battergli più forte.
> "Mamma? Papà?"
Entrò.
L'aria era fredda. Un calore sinistro sembrava essersi dissolto nel nulla.
E poi li vide.
I corpi. Due sagome immobili, riversi sul pavimento. Sangue. Troppo sangue.
> "No… no no no…!"
Le ginocchia cedettero. Un urlo gli uscì strozzato in gola. L'universo si strinse attorno a lui, lasciandolo solo. Spezzato.
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Nella notte, nessuno udì il suono del coltello che cadeva al suolo, né il tonfo del suo corpo esanime.
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Ma la morte non fu la fine.
Buio.
Poi luce.
Poi… freddo.
Sylon aprì gli occhi.
>..."Che posto è questo?"
Un cielo sconosciuto si stagliava sopra di lui: azzurro con strade piene di merce, cristalli che fecero uscire un ardente fuoco poi dell'acqua poi un vento che gli fa cambiare sguardo. Egli vide il castello più grande mai visto nella sua vita.